Fernando Pessoa citazioni, aforismi, brevi frammenti

Anamnesis


Somewhere where I shall never live
A palace garden bowers
Such beauty that dreams of it grieve.
There, lining walks inmemorial,
Great antenatal flowers

My lost life, before soul, recall.
There I Was Happy and the child
That had cool shadows
Wherein to feel sweetly exiled.
They took all these true things away.
O my lost meadows!
My childwood before Night and Day!

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A volte, il sogno triste

A volte, il sogno triste
nei miei desideri esiste
lontanamente un paese
ove essere felice consiste
solo nell'essere felice.
Si vive come si nasce
senza volerlo né saperlo.
In quell'illusione di vivere
il tempo muore e rinasce
senza che lo sentiamo scorrere.
Il sentire e il desiderare
son banditi da quella terra.
L'amore non è more
in quel paese dove erra
il mio lontano divagare.
Né si sogna né si vive:
è un'infanzia senza fine.
Sembra che si riviva
tanto soave è viver così
in quell'impossibile giardino.

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Paludi

Paludi nello sfiorare ansie sulla mia anima in oro...
Rintocco lontano di Altre Campane...
Scolora il biondo grano nella cenere del tramonto...
Corre un freddo carnale per l’anima...
Così sempre la stessa, l’Ora...
Oscillare di cime di palma...
Silenzio che le foglie fissano in noi...
Autunno tenue d’un canto di vago uccello...
Azzurro obliato in ristagno...
Oh, quale muto grido d’ansia mette gli artigli nell’Ora!
Che stupore di me anela ad altra cosa da ciò che piange!
Tendo le mani al di là, ma nel tenderle già vedo
che non è quello che voglio quello che desidero...
Cimbali di Imperfezione...O, tanta antichità
l’Ora esplulsa dal sé-Tempo! Onda di risacca che invade
il mio abbandonarmi a me stesso fino a venir meno,
a ricordare tanto l’Io presente che mi sento obliare!...
Fluido d’aureola, trasparente di Fu, vuoto d’aversi...
Il Mistero ha il sapore del mio essere altro...
Chiardiluna sul non contenersi...
La sentinella è tesa...la lancia che configge nel suolo
È più alta di lei...Per cosa tutto questo?...Giorno piatto...
Rampicanti di sproposito che lambiscono d’Ora gli Oltre...
Orizzonti che chiudono gli occhi allo spazio in cui sono
cerchi di errore...
Fanfare di oppi di silenzi futuri...Lontane carrozze...
Portoni visti lontano...fra gli alberi...così di ferro!

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da: La pioggia obliqua

Il maestro agita la bacchetta,
e la languida e triste musica irrompe...
Mi ricorda la mia infanzia, quel giorno
quando giocavo presso un muro di giardino
tirandovi contro una palla che aveva da un lato
lo slittare di un cane verde, e dall'altro
un cavallo azzurro che correva con un jockey giallo...
Prosegue la musica, ed ecco nella mia infanzia
d'improvviso tra me e il maestro, muro bianco,
va e viene la palla, ora un cane verde,
ora un cavallo azzurro con un jockey giallo...
Tutto il teatro è il mio giardino, la mia infanzia
è in ogni luogo, e la palla arriva suonando musica,
una musica triste e incerta che passeggia nel mio giardino
vestita da cane verde che si trasforma in un jockey giallo...

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da: Ode trionfale

Io potrei morire triturato da un motore
con il sentimento di delizioso abbandono di una donna posseduta.
Gettatemi dentro le fornaci!
Spingetemi sotto i treni!
Bastonatemi a bordo di navi!
Masochismo attraverso macchinismi!
Sadismo di un non so che moderno e io e chiasso.
[... ]
(Essere tanto alto da non poter passare da nessuna porta!
Ah, guardare è in me una perversione sessuale!)

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da: Saluto a Walt Whitman

Da qui, dal Portogallo, con tutte le epoche nel mio cervello,
ti saluto, Walt, ti saluto, mio fratello in Universo,
io, con monocolo e giacca esageratamente in vita ripresa,
non sono indegno di te, ben lo sai, Walt,
non sono indegno di te, basta salutarti per non esserlo...
Io, tanto contiguo all'inerzia, tanto facilmente colmo di tedio,
sono dei tuoi, tu lo sai bene, e ti comprendo e ti amo,
e sebbene non ti conoscessi, nato nell'anno in cui morivi,
so che pure tu mi amasti, che mi conoscesti e sono contento.
So che mi conoscesti, che mi contemplasti e mi spiegasti,
so di essere io questo, sia in Brooklyn Ferry dieci anni prima che io
nascessi,
sia per la via dell'Oro di sopra pensando a tutto ciò che non è la via
dell'Oro,
e conforme tu sentisti tutto, sento tutto, e qui stiamo mano nella mano,
mano nella mano, Walt, mano nella mano, con l'Universo che danza
nell'anima.

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dalle: Odi di Ricardo Reis

Per esser grande, sii intero: nulla
di tuo esagera o escludi.
Sii tutto in ogni cosa. Poni quanto sei
nel minimo che fai.
Così in ogni lago la luna intera
brilla, perché alta vive.

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Altro non consentono gli dèi che la vita.
Rifiutiamo noi dunque tutto ciò che ci elevi
verso irrespirabili vette,
perenni senza aver fiori.
Accettabile riteniamo noi solo la scienza,
e, finché batte il sangue alle nostre tempie
e non si appassisce con noi
lo stesso amore, duriamo
come vetri, trasparenti alle luci
e che lasciano scorrere la pioggia triste,
solo tiepidi al caldo sole
e riflettendo un poco.

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versi finali di Magnificat

Gatto che mi fissi con occhi di vita, chi hai là in fondo?
È lui! È lui!
Lui farà, come Giosuè, fermare il sole e io mi sveglierò:
e allora sarà giorno.

Sorridi, mentre dormi, anima mia!
Sorridi, anima mia, sarà giorno!

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...

Giungo da lontano e porto nel profilo,
in forma nebbiosa e appartata,
il profilo di un altro essere che spiace
alla mia attuale forma umana e vile.
Un tempo fui forse, non Boabdil,
ma il suo mero ultimo sguardo, dalla strada
dato verso l'abbandonato volto di Granada,
forma fredda sotto il compatto anile...
Oggi sono la nostalgia imperiale
di ciò che già nella distanza di me vidi...
Io stesso sono quello che persi...
E in questa strada per il Diseguale
fioriscono in esile gloria marginale
i girasoli dell'impero che morii...

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Altri avranno...

Altri avranno
un focolare, qualcuno che sappia, amore, pace, un amico.
L'intera, nera e fredda solitudine
mi accompagna.
Per altri forse
vi è qualcosa di caloroso, eguale, affine
nel mondo reale. Il mio turno
mai arriva.
«Che importa?», dico.
Ma solo Dio sa che non lo credo.
Neppure un casuale mendicante sulla mia porta
sedersi vedo.
«Chi dovrebbe essere?»
Men non soffre chi lo riconosce.
Soffre chi finge di disprezzare la sofferenza
poiché non scorda.
Questo, fino a quando?
Solo mi consola
l'avere gli occhi che si vanno all'oscurità
abituando.

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da: Mare portoghese

O salato mare, quanto del tuo sale
sono lacrime del Portogallo!
Per attraversarti, quante madri piansero,
quanti figli pregarono invano!
Quante spose promesse tali rimasero
perché fossi nostro, o mare!
Valse la pena? Tutto vale la pena
se lo spirito non è piccolo.
Chi vuole andare oltre il Capo Bojador
deve passare oltre il dolore.
Dio al mare pericolo e abisso diede,
ma è in esso che rispecchiò il cielo.

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Dalla più alta finestra...

Dalla più alta finestra della mia casa
con un fazzoletto bianco dico addio
ai miei versi che partono per l’umanità.

E non sono lieto né triste.
È questo il destino dei versi.
Li ho scritti e devo mostrarli a tutti
perché non posso fare altro,
come il fiore non può nascondere il colore,
né il fiume nascondere che scorre,
né l’albero nascondere il frutto.

Vanno lontano come già nella diligenza
e io senza volerlo provo una pena
come dolore nel corpo.

Chi sa chi li leggerà?
Chi sa in che mani andranno?

Fiore, mi ha colto il mio destino per gli occhi.
Albero, mi strapparono i frutti per le bocche.
Fiume, il destino della mia acqua era non restare in me.
Mi sottometto e quasi mi sento allegro,
quasi lieto come chi si stanca della tristezza.

Andate, andate via da me!
Passa l’albero e rimane disperso per la Natura.
Appassisce il fiore e la sua polvere dura sempre.
Scorre il fiume e sfocia nel mare e la sua acqua
è sempre quella che è stata sua.

Passo e resto, come l’Universo.

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Autopsicografía

Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
da arrivare a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.
E coloro che leggono quel che scrive,
nel dolore letto, ben sentono,
non i due che egli ha avuto,
ma solo quello che loro non hanno.
E così sui binari a circolo
gira, intrattenendo la ragione,questo treno a carica
che è chiamato cuore.

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5 dicembre 1927

Parla di un bambino che gioca con un carro di buoi, un bambino
che «si sentì giocare / e disse: siete due!», e continua:

Vi è uno che gioca
e vi è un altro che sa,
l'uno mi vede che gioco
e l'altro mi vede che vedo.

[...]
E il tale che io ho qua
e con me sente,
né padre, né padrino,
né corpo o amico,
ha anima qua dentro
e mi vede senza vedere...

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dal Libro del turbamento

«Non amiamo nemmeno col pensiero. Che nessun bacio di donna,
neanche in sogno, sia una sensazione nostra».

«Sono una di quelle anime che
le donne dicono di amare e che non riconoscono mai quando le incontrano».

«Ogni avvicinamento è
un conflitto. L'altro è sempre l'ostacolo per chi cerca. Solo chi non cerca è
felice, perché solo chi non cerca trova, visto che chi non cerca ha già, e
avere già, di qualunque cosa si tratti, significa essere felice».

«Ciascuno di noi è due, e quando due persone si incontrano, si uniscono, è raro che i quattro
possano trovarsi d'accordo».

«Non amiamo mai qualcuno. Amiamo solo l'idea che
ce ne facciamo».

«le relazioni tra un'anima e un'altra attraverso cose così incerte e divergenti
come le parole comuni e i gesti che si fanno, sono materia di una strana
complessità (...) I due dicono "ti amo" o lo pensano, o lo sentono
vicendevolmente, e ciascuno vuol dire un'idea diversa, una vita diversa,
nella somma astratta di impressioni che costituisce l'attività dell'anima».

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Dà la sorpresa...

Dà la sorpresa di esistere.
È alta, di un biondo scuro.
Fa bene il solo pensare di vedere
il suo corpo semimaturo.
I suoi seni eretti paiono
(se lei giacesse distesa)
due monticelli che albeggiano
senza dover esservi alba.
E la mano del suo candido braccio
poggia col palmo disteso
sulla sporgenza del fianco
coperto dal suo rilievo.
Se ne ha voglia come di una barca.
Ha sembianza di spicchio.
Dio mio, quand'è che m'imbarco?
O fame, quand'è che io mangio?

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13 marzo 1933

Indifferente assisto
al cadaverizzarsi
di quel che sono.
In quale anima o corpo esisto?
M'addormenterò o mi sveglierò?
Dove sono se non ci sono?

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ultime...

Le cose errate della mia vita
sono quelle che incontrerò nella morte,
perché la vita è divisa
tra chi sono e la sorte.
Le cose che la sorte mi diede
via con lei le ha portate,
ma le cose che io sono
tutte con me le ho custodite.
E perciò gli errori miei,
che sono la sventura da me avuta,
io li incontrerò nei cieli
quando la morte tirerà i veli
all'incoscienza in cui ho vissuto.

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Peut-être dans un autre tour
Ou ronde
Tu m'aimeras, et rien qu'un jour,

Qu'un baiser, fera tout l'amour
Ma blonde.
Je n'ai que faire de ces cieux
Du monde
Que parce que les cieux sont bleus
Et fond roeever de tes beaux yeux
Ma blonde...

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30 novembre 1935

«Dammi gli occhiali»

Alberto Caeiro, Ricardo Reis e Álvaro de
Campos, Fernando Pessoa