Il mestiere di vivere
26 marzo
A che cosa ha servito questo lungo amore?
A scoprire tutte le mie tare, a provare la mia tempra e giudicarmi.
Vedo ora il perché del mio isolamento fino al '34. Sentivo inconsciamente
cheper me l'amore sarebbe stato questo massacro.
Niente si è salvato. La coscienza si è spaccata: vedi lettera
e tentazione omicida. Il carattere si è piegato: vedi confino. L'illusione dell'ingegno
è svanita: vedi lo stupido libro e la mia natura di traduttore. La fermezza
dell'uomo comune, persino, è venuta meno: a trent'anni non ho un
mestiere.
Sono arrivato al punto di sperare la salvezza dall'esterno, e non c'e'
l'oscuramento più grande: penso ancora che con lei potrei vivere
e lottare.
Ma di quest'illusione fa giustizia lei stessa: mi ride in faccia e così
risparmia
anche quest'ultima penosa esperienza.
"... Siamo pieni di vizi, di ticchi e di orrori noi gli uomini, i padri ..." Tutto giusto. Solo che non siamo stati nemmeno i padri.
Anche fisicamente, ora non sono più lo stesso.
Eppure è accaduto a molti che un amore li ha distrutti e ammazzati.
Sono forse
il più bello perché non debba capitare a me?
La lotta ora non è più tra il sopravvivere o decidermi al
salto. È tra decidermi
al salto da solo come sono sempre vissuto, o portare con me una vittima
- perché
il mondo se ne ricordi.
Tutti i giorni, tutti i giorni, dal mattino alla sera, pensare così.
Nessuno ci
crede: è naturale. È forse questa la mia vera qualità
(non l'ingegno; non la
bontà, non niente): essere invasato d'un sentimento che non lascia
cellula del
corpo sana.
È davvero l'ultimo orgoglio: nessuno per nove mesi avrebbe retto
a uno strazio
simile.
Anche lei che parla: un altro - chiunque - a quest'ora l'avrebbe
già
uccisa.
....
La cosa segretamente e più atrocemente temuta, accade sempre.
Da bambino pensavo rabbrividendo alla situazione di un innamorato che vede
il
suo amore sposarne un altro. Mi esercitavo a questo pensiero. E voilà.
27 marzo
Una domenica passata a vagolare col pensiero come una mosca legata, tutto
intontito corpo ed anima, percorso da brividi di rabbia, o stretto dalla
mano di
ferro, o blandito da una vagula apprensione di futuro meno atroce.
Osservo che il dolore abbruttisce, intontisce, schiaccia.
Ogni tentacolo con cui una volta sentivo, provavo e sfioravo il mondo, è
come
troncato e incancrenito al moncone. Passo la giornata come chi ha urlato
uno
spigolo con la rotula interna del ginocchio; tutta la giornata come
quell'istante intollerabile. Il dolore è nel petto, che mi sembra
sfondato e
ancora avido, pulsante di sangue che fugge e non ritorna, come da un'enorme
ferita.
Naturalmente, è tutta una fissazione. Dio mio, ma è perché
sono solo, e domani
una rapida felicità, e poi di nuovo brividi, la stretta, lo squarcio.
Non ho più
fisicamente la forza di star solo. Una volta sola mi è riuscito,
ma ora è una
ricaduta e, come tutte le ricadute, è mortale.
Eppure a questo stato si aggiunge un'altra sofferenza, come chi, tagliato
in
due, senta ancora mal di denti. È questa: che da Brancaleone ho scritto
un 2
febbraio una lettera simile, quella della crosta. Quale è stata la
mia vita da
allora?
Valeva la pena di essere così vile, per ottenere che cosa?
Altri
squarci, altra cancrena, altro sfottimento.
Sono diventato idiota. Mi chiedo e richiedo: che cosa le ho fatto di male?
Abbi
il coraggio, Pavese, abbi il coraggio.
Pensa che hai un merito se spacci te solo. Ti sarà contato.
25 aprile
Perché - quando si è sbagliato - si dice "un'altra volta
saprò come fare",
quando si dovrebbe dire: "un'altra volta so già come farò.
6 maggio
A tutto c'è rimedio. Pensi che sia l'ultima sera che passi in prigione.
Respiri,
guardi la cella, ti intenerisci sui muri, sulle sbarre, sulla scarsa luce
che
entra dalla finestra, sui rumori che sussultano da ogni parte e ormai
appartengono a un altro mondo.
Perché ti fa pena la cella? Perché è diventata cosa
tua.
Ma se ti dicono
improvvisamente che c'è un errore, che non uscirai domani, che resterai
non sai
ancora quanto, manterrai la calma?
Siamo sinceri. Se ti comparisse davanti Cesare Pavese e parlasse e cercasse
di
fare l'amicizia, sei sicuro che non ti sarebbe odioso?
Ti fideresti di lui? Vorresti uscire con lui la sera a chiacchierare?
...
....
Il senso terribile che tutto quel che si fa è storto, e quel che
si pensa e quel che si è.
Nulla può salvarti, perchè qualunque decisione tu prenda,
sai che sei storto e così la tua decisione.
Il sesso è un incidente: ciò che ne riceviamo è momentaneo e casuale; noi miriamo a qualcosa di più riposto e misterioso di cui il sesso è solo un segno, un simbolo.
...
"Ti vai prosciugando - Qualcosa si chiude - Succede di notte, quando
comincio ad
assopirmi... mi risucchia come un gorgo, in cui mi crolla il cervello e
crolla
il mondo.
Mi riprendo a denti stretti, ma se un giorno non ce la faccio
a
riprendermi?"
"Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perchè un amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla."
"E' cominciata la cadenza del soffrire. Ogni sera all'imbrunire, stretta al cuore, fino a notte."
"Il gesto - il gesto - non deve essere una vendetta... Adesso il dolore
invade
anche il mattino... Contemplo la mia impotenza, la sento nelle ossa. Mi
sono
impegnato nella responsabilità politica che mi schiaccia. La risposta
è una
sola: suicidio."
"Perchè morire? I suicidi sono omicidi timidi. Masochismo invece
che sadismo.
Non ho più nulla da chiedere"
Per chiudere con le sue ultime parole:
"Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò
più."
"Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi."