Hermann Hesse - poesie

immagine di Hermann Hesse

(Hermann Hesse, Calw, 2 luglio
1877 – Montagnola, oggi Collina
d'Oro, 9 agosto 1962)

Hermann Hesse

Nato nel 1877 a Calw (Wùrttemberg) e morto in Svizzera nel 1962, fu insignito nel 1946 del Premio Nobel. La sua figura non è solo quella di un poeta ispirato romanticamente e ricco di finissime sfumature, né solo quella del romanziere famoso in tutta Europa, ma anche la figura del maestro di vita morale per i suoi contemporanei. «Si allineò senza sentimentalismo né eccessivo ottimismo fra i nemici delle inutili stragi, fra gli amici europeisti di Romain Rolland, scopri e aborri gli acciecamenti della sua Germania, si fermò definitivamente nella solitudine e nell'isolamento elvetico, conquistò un nuovo io, ricorrendo persino a un nuovo nome, allo pseudonimo Emil Sinclair per Demian, il racconto della crisi. Il vecchio Hesse rimase il rispettato narratore del gran pubblico, il nuovo Hesse divenne compagno ai figli del Novecento e fu sempre più amato ed ascoltato dai migliori di ogni terra » (Mazzucchetti). Esordi con Canti romantici e passò ben presto al romanzo. La sua produzione, in versi ed in prosa, è vastissima e conta quindici raccolte di poesie e trentadue tra romanzi e raccolte di racconti. Delle sue opere, sono particolarmente conosciuti in Italia: Demian (1919); L'ultima estate di Klingsor; Il lupo della steppa (1927); Narciso e Boccadoro (1930); Siddharta (1922); Peter Camenzind (1904); Il gioco delle perle di vetro (1943).

Da: Il Lupo della Steppa di Hermann Hesse

"Harry consiste di centinaia o migliaia di sé, non di due. La sua vita oscilla, come quella di ognuno, non semplicemente tra due poli, come il corpo e lo spirito, il santo e il peccatore, ma tra migliaia e migliaia... ogni ego, ben lontano da essere una unità, è un mondo multiforme, un cielo costellato, un caos di forme, di stati e stadi, di eredità e potenzialità... Come corpo, ognuno è singolo; come anima, no"

Per quanto sappia poco della vita di Haller, ho motivo di supporre che sia stato allevato da genitori e maestri amorevoli ma rigidi e molto religiosi, secondo quella pedagogia che segue il principio "di spezzare la volontà». In questo allievo però non erano riusciti a spezzare la volontà e a distruggere la personalità: era troppo forte e duro, troppo orgoglioso e intelligente. Invece di annullare la sua personalità avevano potuto soltanto insegnargli a odiare se stesso. Contro di sé, contro questo soggetto nobile e innocente egli volse per tutta la vita la genialità della fantasia, la potenza del pensiero. Era infatti pur sempre profondamente cristiano e martire, poiché lanciava anzitutto contro se stesso tutto l'acume, la critica, la malignità e l'odio di cui era capace. In quanto al prossimo egli faceva di continuo i più seri ed eroici tentativi di amarlo, di essere giusto, di non fargli del male poiché il precetto "ama il tuo prossimo" era radicato nel suo cuore quanto l'odio della propria persona; sicché per tutta la vita dimostrò con l'esempio che senza amare se stessi non è possibile neanche amare il prossimo, che l'odio di sé è identico al gretto egoismo e produce infine il medesimo orribile isolamento, la medesima disperazione.