Tavolo per due
Elle revoit son accordéoniste
Et ses yeux amoureux
Suivent le jeu nerveux
Et les doigts secs et longs de l'artiste
Ça lui rentre dans la peau
Par le bas, par le haut
Elle a envie de chanter
C'est physique
Tout son être est tendu
Son souffle est suspendu
C'est une vraie tordue de la musique
(Edith Piaf)
Aveva scelto un tavolo in fondo alla sala, vicino alla finestra. Le tende
color avorio si muovevano appena, la sua figura si stagliava di profilo
contro quel mare chiaro e luminoso.
L'uomo aveva una faccia da topo protesa in avanti, naso a becco e
labbra sottili. I pochi capelli grigi somigliavano alla peluria dei neonati.
Le mani, lunghe e affusolate, si muovevano nervose sulla tovaglia, sbriciolavano
pane, si fermavano a stuzzicare i rebbi di una forchetta.
Sulla sedia vicino alla sua era posata una fisarmonica color amaranto. I
piccoli tasti bianchi e neri erano stati lucidati a dovere.
La donna arrivò qualche minuto dopo di lui, il viso nascosto per
metà da un grande cappello azzurro. Era una donna giovane e minuta,
con una pelle bianchissima.
Gli accarezzò leggermente una mano, ma lui la ritrasse con uno scatto
veloce.
“Perché siamo venuti qui?”, domandò indispettita.
L'uomo aveva scostato una tenda, e guardava fuori. Lunghe teorie di
camion sfilavano sulla statale sotto di loro.
“Ho scritto una nuova canzone, voglio fartela sentire”, rispose.
Il cameriere arrivò con due bistecche e dell'insalata.
“Hai ordinato anche per me” constatò la donna.
Lui sollevò delicatamente la fisarmonica: “Non hai fame?”,
disse, allontanando la propria sedia dal tavolo.
La donna lo guardò a lungo senza dire niente. Poi sembrò rinunciare
a qualcosa, si tolse il cappello, si aggiustò i capelli e versò
il vino per entrambi.
L'uomo sistemò la fisarmonica sulle ginocchia, chiuse gli occhi
ed allargò le mani ossute, muovendole sopra i tasti in modo da sfiorarli
senza produrre alcuna nota.
La donna arrossì.
Lui la guardò con aria di sfida.
“Scusi”, disse lei richiamando il cameriere “può
portare via la mia bistecca e sostituirla con del formaggio?”
Il cameriere non fece in tempo a rispondere, che l'uomo intervenne:
“Lasci stare la bistecca, più tardi la signora avrà
voglia di carne e si pentirà. Porti il formaggio, comunque”.
Il cameriere era molto giovane, forse al suo primo lavoro, a giudicare dai
movimenti un po' goffi in mezzo ai tavoli. E soprattutto, non sapeva
niente di certe cose che succedono tra gli uomini e le donne.
“Se è per la cottura…” provò a dire, ma
l'uomo sbuffò ed alzò leggermente la voce: “Le
ho detto che va bene, ci porti il formaggio e punto”.
La donna fece una smorfia, ma di nuovo rinunciò a parlare, mentre
il cameriere si allontanava in tutta fretta e l'uomo era già
tornato alla sua fisarmonica.
La donna ripiegò sui clienti degli altri tavoli, una coppia, una
famiglia con due bambini, un tavolo di soli uomini. La sua attenzione venne
catturata da un ragazzo che guardava con insistenza la fisarmonica ed il
suo proprietario.
Quando si accorse di essere guardato a sua volta, si voltò di colpo
verso il vicino di sedia, e cominciò a confabulare con lui.
La donna arrossì di nuovo.
Allungò un braccio per raggiungere il cestino del pane, ma urtò
la bottiglia di vino, che rovinò sui bicchieri.
Un fiotto di vino rosso e vetri finì nel suo piatto.
“Peccato”, disse lei tagliente: “ci siamo giocati la bistecca”.
L'uomo respirò forte e cominciò a suonare.
Era un'aria dal sapore vagamente francese, l'uomo teneva gli
occhi chiusi e si dondolava sulla schiena. La musica si tramutò in
un accavallarsi di suoni concitato e stridente. La donna si mordeva le labbra,
che erano diventate livide. Fece cenno al cameriere di avvicinarsi.
”Si sieda” gli disse afferrandolo per un braccio ”si sieda.
Ci faccia compagnia”.