Spegni la vecchia
Camminava a lunghi passi sotto una pioggia sottile e molesta. A guardarlo
da lontano sembrava un uomo d'altri tempi, fuggito da un quadro di
Magritte.
Unica variante del nero, lo stravagante accessorio del cappello a bombetta:
una piuma verde e gialla che ondeggiava assecondando l'andatura del
corpo.
Andandogli incontro lungo il marciapiede, la piuma si trasformava in qualcosa
di più mobile e vivo: un pappagallo passeggiava infatti indisturbato
sulla tesa del cappello, avventurandosi talvolta a salire sul punto più
alto.
L'uomo non si dava cura di tanto traffico, e all'incrocio con
altri passanti si limitava ad un cenno cordiale della mano.
Il pappagallo diceva invece “Buongiorno” o “Guarda chi
si vede” a seconda dell'occasione. Più precisamente,
la seconda formula di saluto era riservata ai passanti di sesso femminile.
Il pappagallo era stato addestrato dal suo vecchio proprietario, e non c'era
stato modo di correggere questa sua inclinazione, così come altre
ancora più deprecabili.
All'angolo con via Scosciacavalli l'uomo si fermò davanti
ad un vecchio portone in legno, frugandosi le tasche alla ricerca delle
chiavi. Anche il pappagallo smise di passeggiare in lungo ed in largo per
il cappello, proruppe in un “Guarda chi si vede” e lo accompagnò
con un fischio. L'uomo si affrettò ad entrare in casa.
Sfilò il cappotto e la giacca, tolse il cappello con delicatezza
ed attese che il pappagallo traslocasse sulla sua spalla destra.
Sistemò gli indumenti sull'appendiabiti all'ingresso
e si diresse in cucina.
- Oggi conosceremo il tuo nuovo padrone - disse il vecchio mettendo sul
fuoco il bollitore per il tè.
- Il tuo nuovo padrone - rispose il pappagallo.
- Già. Ti sarei grato se evitassi di fare brutte figure, ne va del
tuo futuro – disse il vecchio.
- Il tuo futuro – rispose il pappagallo saltellando sulla spalla.
- Sei proprio un pappagallo – disse il vecchio con un moto di stizza.
- Porca puttana – rispose il pappagallo.
- Appunto – sospirò il vecchio, e in quel momento suonarono
alla porta.
Il ragazzo lavorava in un negozio di animali, nonostante la sua discreta
allergia ai gatti. Quando lesse l'annuncio del vecchio che cercava
qualcuno a cui affidare un pappagallo, pensò che poteva essere un'idea.
Un'idea come un'altra, né buona né cattiva, a
dire il vero, ma avrebbe potuto comprare del mangime per uccelli, ad esempio,
e sorridere alle cassiere dei supermercati con l'aria di chi sì,
possiede un animale, e mica uno qualunque.
L'inserzione diceva infatti che si trattava di un pappagallo parlante,
un' amazzone dalla fronte gialla dell'età di 12 anni.
Un pappagallo parlante, nientemeno. Questo particolare aveva eccitato molto
la sua fantasia, e già immaginava di insegnargli l'intero vocabolario
delle sue espressioni preferite.
“Non mettiamo le lampade sui comodini prima di aver fatto la casa”
era una delle più quotate.
La sua ragazza rideva ogni qualvolta lui la pronunciava.
D'altra parte, la sua ragazza rideva in un modo irresistibile, i denti
piccoli e serrati come in una parata militare. Sarebbe impazzita per un'amazzone
dalla fronte gialla.
Così, quando suonò alla porta all'altezza dell'angolo
con via Scosciacavalli (era un nome buffo, pensò, avrebbe insegnato
al pappagallo anche quello), il ragazzo aveva intenzione di adottare il
volatile il giorno stesso, e per l'occasione si presentò munito
di una gabbietta dalle rifiniture color arancio.
Il vecchio aprì la porta, il pappagallo, saltellando sulla sua spalla
destra, disse –Buongiorno -, il vecchio squadrò la gabbietta
e disse nervoso –Dove crede di andare con quella?- e il pappagallo
aggiunse – Porca puttana -.
Il ragazzo rise con un'ombra d'incertezza.
Il bollitore del tè emise un lungo fischio in crescendo, - Spegni
la vecchia – disse il pappagallo e il vecchio arrossì.
- Lasci la gabbia fuori, per favore – disse il vecchio, e si spostò
per far accomodare il ragazzo in casa.
Presero il tè in due grandi tazze senza manici.
Il vecchio raccontò di aver ricevuto il pappagallo sei anni prima,
da un carissimo amico che glielo aveva affidato in punto di morte.
- Anche mia moglie è morta, due anni fa, siamo rimasti solo io e
Will, in questa casa – disse il vecchio stringendo i pugni.
- Spegni la vecchia – disse Will.
- Oh, adesso basta – disse il vecchio, poi rise.
- Sa, era un gioco molto divertente – aggiunse il vecchio - Quando
mia moglie si lamentava per qualcosa io dicevo “Spegni la vecchia!”
e Will lo ripeteva. Mia moglie andava su tutte le furie, lei e Will non
andavano d'accordo. Ma in verità si divertiva un mondo anche
lei. Io la conoscevo bene -.
Il vecchio abbassò il capo, Will saltellava sulla spalla.
- Mi dispiace – mormorò il ragazzo.
Il vecchio sorrise imbarazzato.
- Will è un maschio, è ancora giovane, lo sa che i pappagalli
possono vivere fino a cinquant'anni? -
- Cazzo! – disse il ragazzo.
-Porco dio – disse il pappagallo.
Il vecchio arrossì violentemente e sibilò – Vorrei sapere
chi ti ha insegnato queste oscenità -.
Stavolta fu il ragazzo a ridere e disse – Ma perché vuole darlo
via? –
- Will mi sopravviverà, inevitabilmente, voglio trovare qualcuno
che si occupi di lui. Ma non voglio separarmene prima del tempo. Voglio
solo che fraternizzi.
Il vecchio fece una pausa, si alzò per riporre le tazze nel lavello,
fece cadere un cucchiaino, mugugnò, il pappagallo disse – artrite
di merda –
Il vecchio scrollò le spalle - Lei dovrebbe venirlo a trovare un
paio di volte a settimana – disse.
- Ah – rispose il ragazzo – e per quanto tempo? –
- Finché non muoio – disse il vecchio.
- Cazzo! – esclamò il ragazzo, poi si morse il labbro, ma era
troppo tardi.
- Porco dio – disse il pappagallo.
Andarono avanti così tutto il pomeriggio, il vecchio si fece più
loquace, disse che a Will faceva piacere un po' di compagnia.
Parlò con calore degli anni in cui sua moglie era ancora viva.
Il ragazzo, dal canto suo, raccontò di come conobbe la fidanzata,
e dei suoi denti in fila come soldatini.
Quanto al pappagallo, bestemmiò altre nove volte, ma nessuno ci fece
più caso