Cicatrici
Al “gambero rosso” fanno un ottimo brasato
al barolo. Io naturalmente non avrei mai ordinato del brasato al barolo
in un posto che si chiama gambero rosso, ma mio fratello sì. Lui
è il tipo che fa di queste cose, ne ha sempre fatte. Negli accostamenti
dei colori era terribile, ad esempio.
Mia madre non si è mai rassegnata ai suoi gusti eccentrici. Mio padre
invece lo prendeva in giro, ma in fondo si divertiva. Decisamente aveva
un debole per lui.
Comunque sono anni che mio fratello non viene qui a mangiare. Si è
trasferito dopo l'incidente. Da allora non l'ho più visto,
ma ho continuato a venire al gambero quasi ogni settimana, cinque minuti
dopo mezzogiorno.
Sono affezionato al brasato, è il piatto forte del giovedì.
Sono affezionato anche al mio tavolo, è difficile che mangi in un
posto diverso. Da qui posso sbirciare nella cucina ogni volta che si apre
la porta dietro il bancone, ho una discreta vista sul mare, controllo chi
entra e chi esce, posso guardare la TV. Posso guardare anche Rosa, mentre
sposta il peso del corpo da un piede all'altro, muove le dita sui
tasti della cassa e si asciuga il sudore dal petto con un fazzoletto.
Potessi asciugartelo io, Rosa!
Oggi Rosa non c'è, il proprietario mi ha detto che è
a casa con l'influenza.
Al suo posto un vecchio cameriere con i baffi spioventi e le mani lunghe
e dinoccolate.
La porta d'ingresso è schizzata di acqua e fango, piove da
due giorni. A mezzogiorno e sedici (ho una mania incredibile per gli orari)
entrano due vecchie signore ed un profumo di vaniglia.
La prima signora ha un paio d'occhiali con una catenella dorata, piccoli
passi veloci e malfermi sui tacchi.
La seconda signora ha un cappello zebrato ed un ventaglio in pizzo nero,
arranca dietro alla prima tenendosi ben stretti i risvolti della giacca.
Parlano in modo concitato, ma il tono di voce è piuttosto basso.
Si interrompono per un istante, sorridono in direzione del cameriere mentre
si sistemano sul tavolo accanto al mio.
La signora col cappello sfoglia il menù giocando con un grosso anello
che porta all'anulare della mano destra.
La signora con gli occhiali ordina del vino bianco.
A mezzogiorno e ventinove arrivano un piatto di verdure alla griglia, uno
di patate al forno e due fettine di vitello. Le due signore cominciano a
mangiare molto lentamente. Bisbigliano tra loro qualcosa che non capisco.
- Non vorrai ricominciare – dice ad un certo punto la signora con
gli occhiali, mescolando nervosamente l'insalata.
- Figuriamoci, non ho mai cominciato sul serio - risponde la signora con
il cappello, e aggiunge – forse mi permetterai di cominciare solo
davanti alla tua lapide. Lì almeno starai zitta. –
La signora con gli occhiali solleva lo sguardo, smette di girare l'insalata
e scoppia ridere.
- Invece non ci riuscirai nemmeno in quel momento – dice, - sei troppo
sentimentale. Verrai ogni giorno a piangere e inzaccherare il pavimento
della tomba di famiglia. -
A mezzogiorno e trentadue la signora con il cappello scoppia effettivamente
a piangere e l'altra le passa nell'ordine: un fazzoletto, uno
specchio da borsetta, una scatolina di cipria.
- Non fare tragedie – dice la signora con gli occhiali – e fammi
un sorriso, ti ricordi com'era felice la mamma, quando ci vedeva ridere?
-
La signora con il cappello è molto obbediente, tira su con il naso,
sorride e versa il vino nei bicchieri.
All'improvviso mi sento strano, non riesco a ricordare su quale lato
del viso mio fratello abbia la cicatrice dell'incidente. In teoria
dovrebbe essere a destra, è andato a sbattere contro il finestrino,
il vetro si è rotto e l'ha ferito sotto l'occhio. A sinistra
c'ero io, no? La cicatrice non può essere a sinistra.
Eppure quando l'ho accompagnato in aeroporto, l'ultima volta
che ci siamo visti, guardavo il lato sinistro del suo viso, e mi sembra
proprio che la cicatrice fosse lì, ricordo di averlo scrutato bene,
perché ai bordi della ferita la pelle era ancora gonfia.
Quanto tempo ci vorrà perché anche i suoi lineamenti sfumino
via dalla memoria?
A mezzogiorno e quarantatre le due signore alzano leggermente il tono di
voce. Recriminazioni su chi si impegni maggiormente nella cura della casa.
La signora con il cappello ha di nuovo gli occhi umidi, la signora con gli
occhiali si alza e la lascia sola.
In sua assenza, la signora con il cappello beve un altro bicchiere di vino,
apre il suo grosso anello e lascia cadere sul tavolo una pasticca rosa.
E' la prima volta che vedo un anello del genere, a parte nei film.
Sarebbe bello averne uno. Forse mi piacerebbe regalarlo a mio fratello,
lui ci andrebbe matto. Se è per questo, mi piacerebbe anche invecchiare
vicino a lui.
A mezzogiorno e quarantanove torna la signora con gli occhiali. Mi sorride
mentre si siede.
La signora con il cappello non se ne accorge, allunga una mano sulla tovaglia
e le sfiora le dita.
- Sei una ragazzina – dice stizzita la signora con gli occhiali -
e sei anche ubriaca. Adesso ti porto a casa.
L'altra annuisce, si spolvera appena la camicia sopra il seno e si
aggiusta il cappello.
Si alzano entrambe, si dirigono verso la cassa senza parlare.
Il vecchio cameriere si attorciglia i baffi, fa un rapido conto a mente
e prende i soldi con una mano rapace. Poi le segue con lo sguardo, come
me, finché non spariscono oltre la porta.
Se almeno ci fossi tu, Rosa. Potrei guardarti mentre sistemi i bicchieri,
spiare i tuoi movimenti mentre sei impegnata a dare resti e fare caffè.
Quel tuo broncio concentrato, le guance che si gonfiano appena, potrei studiarli
a memoria. E smettere ogni tanto di pensare a mio fratello.
Il tavolo vuoto accanto al mio acquista di colpo un'aria infelice.
Osservo i resti della cena, consumata solo in parte. Il ventaglio è
rimasto sul tavolo, coperto per metà dal tovagliolo. Alcune briciole
si sono impigliate nella trina di pizzo.
Forse dovrei provare a raggiungere le due signore, mi dico, ma non mi muovo.
Magari tornano.
Sì. Magari domani tornano.